L’importanza dell’Esame di Stato in Psicologia

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In questi giorni, sta girando su facebook la petizione di un gruppo di laureati in psicologia che chiede al CNOP (Consiglio Nazionale degli Psicologi) di abolire l’Esame di Stato. Premetto che, se l’avessero chiesto a me prima di sostenere le 4 prove, sarei stato certamente d’accordo, tuttavia vorrei introdurre qualche elemento che penso sia utile considerare per avere una visione più ampia della portata dell’iniziativa, che comunque sono certo non verrà mai presa in considerazione dal CNOP… se non strumentalmente.

L’Esame di Stato per le professioni regolamentate è obbligatorio per legge. In Italia infatti, anche per fare l’acconciatore o l’accompagnatore turistico, entrambe professioni regolamentate, serve l’esame di abilitazione. L’art. 33 della Costituzione recita: “…E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale“.
Non è un caso che la questione sia normata dalla Costituzione, perchè è delicata e di un certo rilevo. Lo Stato italiano, da un lato, tutela i cittadini dai presunti professionisti, con il reato di abuso della professione, e dall’altro, tutela i professionisti a cui concede poteri speciali.  A differenza di colui che svolge un qualsiasi “mestiere”, infatti, chi svolge una professione non ha “l’obbligo di risultato”, ma solo “l’obbligo di mezzi”. Ciò significa che se un professionista non raggiunge il risultato sperato, ad esempio nel caso delle professioni sanitarie “la guarigione del paziente”, il cliente non potrà rivalersi su di lui, a patto che questo abbia operato utilizzando correttamente i mezzi a sua disposizione e le prassi consolidate. Totalmente diverso è il caso di colui che svolge un mestiere, che deve compiere il proprio lavoro “a regola d’arte”. Questa differenza, nella pratica, porta a conseguenze diametralmente opposte. Per fare un esempio concreto, se porto l’automobile dal meccanico, quest’ultimo è tenuto a ripararla perchè la sua attività prevede “l’obbligo di risultato”, che se non raggiunge, darà diritto al rimborso della spesa e all’eventuale risarcimento del danno.

Inoltre, i professionisti sono tenuti al segreto professionale: lo psicologo che nell’esercizio della propria professione venga a conoscenza di un fatto, anche grave, è quasi sempre tenuto al segreto professionale. Un esempio estremo può essere rappresentato da un carcerato che confessa un omicidio (di cui non è accusato) al proprio terapeuta durante la sua detenzione. Se lo psicologo, pur non ravvedendo il rischio di reiterazione, denunciasse il proprio paziente incorrerebbe in una sanzione deontologica, al contrario di qualunque altro cittadino che ha invece l’obbligo di denuncia (compreso lo psicologo che non stia esercitando la professione). Un ulteriore esempio dei poteri attribuiti al professionista lo ritroviamo nelle dispute legali: se chiamato a testimoniare da un giudice in merito ad un procedimento avviato, in favore o ai danni, di un proprio cliente, lo psicologo può, se ritiene che la propria testimonianza vada a ledere gli interessi del paziente, rifiutarsi di testimoniare proprio in virtù del rapporto professionale. A quel punto sarà onere del giudice sollevarlo dal segreto professionale per ottenere le informazioni di cui ha bisogno, ma serve un atto formale che spesso il giudice non compie se non in casi estremamente rari/gravi.

Ai professionisti, insomma, lo Stato riconosce poteri speciali e per questo istituisce un albo pubblico (tutti devono sapere chi esercita questi poteri) la cui tenuta spetta agli Ordini, a cui è obbligatorio iscriversi per esercitare la professione. Sempre agli Ordini è demandato il compito di vigilare sugli aspetti deontologici (o etici) con l’obiettivo di tutelare il cittadino che si rivolge al professionista iscritto garantendo che questo, essendo dispensato dall’obbligo di risultato, utilizzi i mezzi a sua disposizione coerentemente con le “buone prassi” riconosciute dalla comunità scientifica.
Eliminare l’Esame di Stato e gli Ordini professionali, vuol dire squalificare ulteriormente la professione ponendola al pari di un qualunque altro mestiere con tutto ciò che ne consegue (obbligo di risultato e eliminazione dei poteri speciali).

Questo è il quadro italiano (qui puoi trovare l’iter attuale). Se poi si vuole cambiare la Costituzione, puntando su un modello in stile anglosassone, dove a vigilare sui professionisti siano le associazioni private, faccio i miei migliori auguri ai promotori dell’iniziativa per l’obiettivo ambizioso. Mi permetto però di dire che, da un lato il CNOP non ha questo tipo di potere (l’attuale maggioranza non è neanche in grado di negoziare con il Ministero, figuriamoci se riesce ad ottenere una modifica della Costituzione), dall’altro il risultato che si dovesse ottenere sarà quello di una frammentazione in tante piccole associazioni private (tanti piccoli Ordini privati), con molta meno forza negoziale a livello politico e un iter per l’accreditamento dei professionisti molto simile a quello dell’Esame di Stato, gestito però dai privati.

Da ultimo non va dimenticato il privilegio che alcuni professionisti hanno nel non dover versare i propri contributi all’INPS, avendo una propria cassa di previdenza privata, nel caso degli psicologi l’ENPAP. A riguardo ti consiglio di approfondire il tema leggendo l’articolo Ecco perchè l’ENPAP è meglio dell’INPS.

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