Quando il prof è un omicida

Giovanni Scattone, l’omicida condannato per la morte di Marta Russo, è tra i professori assunti a tempo indeterminato grazie al decreto sulla “buona scuola”: insegnerà psicologia all’istituto Einaudi di Roma. Immediata è arrivata la replica dei genitori di Marta Russo che ritengono Scattone non adatto al ruolo di educatore. Immediato è iniziato anche il tam tam mediatico che accende il dibattito su quanto possa risultare credibile e autorevole agli occhi degli studenti il “professore omicida”. La vicenda si concluderà, dopo qualche giorno di polemiche, con la rinuncia alla cattedra di Scattone e la soddisfazione dei genitori di Marta Russo.

A vicenda conclusa vorrei però tornare su un aspetto che credo valga la pena di approfondire e che ritengo sia prettamente psicologico: quando si parla di credibilità dell’insegnante infatti si fa riferimento ad aspetti di carattere relazionale. Sebbene i docenti scolastici vengano valutati a prescindere dalla loro competenza relazionale, tale aspetto risulta invece determinante nel processo dinamico dell’apprendimento, che é appunto un processo relazionale, ed è il motivo per cui un “video tutorial” non viene definito insegnamento, sebbene attraverso tale strumento sia possibile apprendere delle nozioni.

Uno dei principali aspetti problematici della scuola nasce proprio dalla selezione degli insegnanti, che certamente hanno nozione della materia che insegnano, ma che forse, in molti casi, non hanno le competenze relazionali necessarie per fare gli insegnanti. Se il processo di selezione si limita a verificare le competenze “tecniche” la scuola non riuscirà mai a progredire. Se la selezione si limita a valutare gli aspetti meramente nozionistici, tanto vale fare “video tutorial” precisi e puntuali delle lezioni e proiettarli di anno in anno in classe.

Scattone, come Schettino, risultano evidentemente deficitari proprio dal punto di vista della credibilità, cioè dal punto di vista relazionale: se chi insegna non è ciò che insegna, le nozioni non verranno mai trasmesse agli studenti. Se tuttavia questo aspetto non viene preso in considerazione, la selezione tenderà a generare insegnanti inadeguati all’insegnamento. Se poi questa è la modalità con cui la Pubblica Amministrazione gestisce il processo di selezione del pubblico impiego, sarà facile comprendere le quotidiane difficoltà di interlocuzione che ognuno di noi ha sperimentato con gli addetti al front office della Pubblica Amministrazione. Quei modi, spesso del tutto fuori luogo, di impiegati, anche tecnicamente molto preparati, ma del tutto inadatti a svolgere la propria funzione di contatto con il pubblico, sono il risultato di una cultura organizzativa che affonda le sue radici nel processo di selezione. Anche questo è l’ennesimo caso di assenza della funzione psicologica in una società poco orientata al cliente e poco disponibile a ripensarsi. Una società che per ricostruirsi avrebbe sempre di più bisogno degli psicologi e della funzione psicologica…

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