Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha diramato una nota (n.4594/2015) in cui afferma che per svolgere le attività tipiche di una professione, per il cui esercizio è necessaria l’iscrizione ad un albo professionale, è necessaria la Partita Iva anche se l’attività è occasionale. Quindi per il Ministero, che rispondeva ad un documento elaborato del centro studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) in cui, erroneamente, si affermava il contrario, i professionisti non possono esimersi dall’apertura della Partita Iva per ricevere i compensi, e ciò a prescindere dalla durata della prestazione e dall’importo del compenso; infatti, se l’attività svolta rientra tra quelle tipiche della professione, per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo, i relativi compensi sono considerati a tutti gli effetti redditi da lavoro autonomo.
Con questa nota il Ministero chiarisce dunque, che non è possibile per uno psicologo neoiscritto utilizzare la ritenuta d’acconto per ricevere i pagamenti dei propri pazienti. Si crea quindi un nuovo problema per chi ha da poco iniziato la propria attività e non ha ancora un reddito tale da poter sostenere i costi che comporta l’apertura della Partita Iva.
Infatti, sebbene aprire la Partita Iva non preveda oneri, ci sono però da sostenere il costo del commercialista (almeno 400 Euro per i regimi agevolati, a cui si può rinunciare rivolgendosi ai CAF) e il “costo” dell’IRPEF (5% del fatturato per il regime dei minimi). Si sarà poi costretti ad iscriversi all’ENPAP (entro 90 gg dalla ricezione del pagamento della prima fattura emessa), e ciò comporterà l’inizio della contribuzione minima (almeno 156 Euro all’anno se il reddito è inferiore ai 1.560 Euro) che andrà a sommarsi al contributo integrativo (2% sul fatturato) e al contributo di maternità (130 Euro).
In questo modo si potrebbe arrivare al paradosso che per farsi pagare 50 Euro per un colloquio con un paziente, che magari poi non torna, si sia costretti, rivolgendosi al CAF e utilizzando il regime dei minimi, a spendere almeno 289,5 Euro.
L’esempio è provocatorio, ma realistico. Nessuno mette in dubbio che si debba aprire la Partita Iva, una volta che l’attività è avviata e che gli importi si aggirano intorno a qualche migliaia di Euro. Ma tutti coloro che lavorano come liberi professionisti sanno che ci vuole qualche mese, se non qualche anno, per iniziare a guadagnare in modo costante. Il Ministero dovrebbe farsi carico della fase di avvio dell’attività e predisporre dei meccanismi realistici di gestione della fiscalità, invece di intervenire in modo iniquo e vessatorio: d’altra parte solo uno Stato sadico può organizzare la tassazione in modo da costringe i propri liberi professionisti a pensare che il massimo della convenienza sia lavorare gratis…
AGGIORNAMENTO LUGLIO 2020: L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n.41/E del 15 luglio 2020 ha fatto il punto della situazione sull’argomento utilizzando il caso specifico di un medico. L’agenzia delle Entrate, afferma che “i requisiti di professionalità e abitualità sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo; mentre non si realizzano solo nei casi in cui vengano posti in essere atti economici in via meramente occasionale”: definizione che segna in modo chiaro la linea di confine tra lavoro autonomo abituale, per il quale è richiesta necessariamente una posizione IVA, e il lavoro autonomo occasionale. L’agenzia delle Entrate prosegue notando come “l’iscrizione all’albo, richiesta per poter esercitare l’attività, risulta indicativa […] della volontà del professionista di porre in essere una pluralità di atti coordinati e finalizzati all’esercizio della professione”. Ne consegue che, il professionista iscritto in un albo, che consegue redditi professionali, in ogni caso sarà obbligato all’apertura di una partita IVA, all’emissione della fattura, e a dichiarare il compenso come reddito di lavoro autonomo abituale.
Questo chiaramente non vuol dire che chiunque sia iscritto ad un albo professionale non possa espletare delle prestazioni di lavoro autonomo occasionale, ma che non può farlo per la tipologia di attività professionali che vengono “attratte” alla professione esercitata, fermo restando il diritto a farlo per attività di diversa tipologia. Se uno psicologo fa l’operatore sociale, lo può fare in modo occasionale pur essendo iscritto all’Albo, poichè per svolgere tale attività non è necessaria l’iscrizione ad un Albo, ma non può fare i colloqui psicologici, o comunque l’attività di psicologo (art. 1 della 56/89) senza partita iva.
La recente posizione dell’Agenzia delle Entrate rappresenta una presa di posizione più netta rispetto quella del 2015, quando l’Agenzia scriveva che “l’iscrizione volontaria in apposito albo professionale può costituire indizio di abitualità”, passando così, oggi, dalla possibilità alla certezza.
La nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2015
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